Negli appalti pubblici europei i certificati ISO emessi da società britanniche non possono essere più utilizzati in conseguenza della Brexit.
La quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza depositata il 21 aprile scorso (RG 5072/22) scioglie i dubbi interpretativi su una questione molto dibattuta.
Secondo i giudici della quinta sezione del Consiglio di Stato non è in discussione l’affidabilità delle certificazioni emesse da organismi ex unionali che, fino a tutto il 2020, erano pienamente riconosciute – e che continuano ad esserlo nell’ambito della contrattazione tra privati – quanto piuttosto è dirimente la natura «chiusa» delle certificazioni ISO previste dal codice degli appalti del 2016.
La questione risolta dalla V Sezione, riguardava un appalto in materia aeroportuale per la fornitura del servizio di controllo di accessi e uscite in uno scalo veneto, in cui una società concorrente era in possesso di una «certificazione sicurezza delle informazioni ISO 27001» rilasciata da «soggetto accreditato presso un ente inglese». Il punto in graduatoria riconosciutole a termini di bando su questo specifico capitolo era valso alla società l’aggiudicazione dell’appalto, innescando l’inevitabile ricorso della prima esclusa.
In prima battuta il Tar Veneto aveva respinto la doglianza, stabilendo che la certificazione di origine UK «continua ad aver valore nonostante la Brexit, in quanto l’organismo accreditante è tuttora parte del sistema europeo di regolazione». La questione, nelle more del secondo giudizio, è stata così rimessa al parere dell’European Accreditation – assorbito poi in toto dal provvedimento del Consiglio di Stato – a cui è stato chiesto se lo status di membro della EA riconosciuto ad UKAS lo renda equiparabile agli organismi di accreditamento nazionale ai sensi e per gli scopi del regolamento (CE) n. 765/2008, e se quindi «le certificazioni ISO così ottenute siano spendibili nelle pubbliche gare».
L’EA in data 30.01.2023 ha escluso in relazione al primo quesito l’equiparabilità tra soggetti «anche se siano stati sottoscritti accordi con altri organismi di accreditamento nazionale dell’EA» e ha negato pure la spendibilità del titolo ottenuto da un “semplice membro” dell’EA che non sia anche «organismo nazionale». EA pertanto ha ritenuto, di fatto, che le certificazioni ISO rilasciate da Organismi di Certificazione accreditati da UKAS non siano conformi al regolamento n. 765 del 2008.
Nel rispondere alle eccezioni formulate, il Giudice si è espresso anche in merito alla comunicazione ANAC del 09.06.21 nella quale ai fini del rilascio delle attestazioni SOA si equiparano gli Organismi di Certificazione che hanno stipulato determinati accordi multilaterali, e alla successiva comunicazione del 22.12.2022 che estende tale equivalenza anche alle certificazioni di cui all’art. 87 del codice degli appalti (D.Lgs. 50/2016 e s.m.i.), affermando l’inconferenza di tali comunicazioni nelle quali tale ”assimilazione viene operata in modo alquanto generico ossia senza specificarne le effettive ragioni che ne sarebbero alla base”.
Infine, il collegio giudicante, nel motivare la propria decisione conclude che, in base alla risposta fornita da EA, che “i certificati emessi da enti accreditati da UKAS non hanno più valore nelle procedure di gara per appalti pubblici”.
Questa Sentenza avrà un peso determinante anche a livello internazionale, se si considera che, secondo i dati forniti dall’ISO (rif. ISO Survey 2021) al 31.12.2021, l’Italia è il secondo paese al Mondo per certificazioni volontarie il primo nell’Unione Europea con oltre 135.000 certificati emessi pari al 7% dei certificati mondiali e di questi, una percentuale notevole è emessa sotto accreditamento UKAS o di altri Organismi di Accreditamento esterni alla UE
Anche secondo l’avvocato che ha patrocinato la società ricorrente «questa decisione del Consiglio di Stato avrà un notevole impatto nel settore specifico, in quanto molte società si sono sin qui avvalse di certificati ISO emessi da società accreditate da UKAS, l’Ente certificatore inglese, e non potranno ora più farlo. Chiunque sia dotato di questi certificati, dovrà inoltre sostituirli con altri emessi da società accreditate da un ente europeo (Accredia per l’Italia, ESYD per la Grecia, DAKKS per la Germania, ecc.) per poter proseguire nei rapporti con le pubbliche amministrazioni che hanno fatto richiesta delle certificazioni richieste»
Per chi come noi opera nel settore delle certificazioni, non resta altro da fare che attendere ed osservare le inevitabili ripercussioni, dai primi organismi di attestazione SOA che cominceranno a richiedere certificazioni ISO accreditate in UE, a qualche funzionario INAIL che sospenderà l’accettazione degli sgravi per l’OT23 in attesa di chiarimenti a fronte certificati emessi sotto UKAS, da gare bloccate da ricorsi, e così via.
Questa Sentenza potrebbe essere un’opportunità per cambiare il Sistema, per tornare a garantire valore ai certificati emessi, sarebbe un peccato sprecarla.